venerdì 26 agosto 2011

AcquaMat nelle scuole e nelle università


AcquaMat nelle Scuole e nelle Università

Che cos'è un bene comune?

Può essere definito bene comune quel bene o servizio gestito in ottica di efficienza equità ed economicità, magari da un ente di diritto pubblico condito da una buona dose di partecipazione democratica delle comunità?
Senza dubbio tutti questi fattori sono fondamentali per la nostra azione politica vertenziale, senza questi obiettivi non vi sarebbe sviluppo della personalità collettiva di un gruppo, che giustamente vede in queste istanze una forte attrattiva di mobilitazione e un'espressione della volontà popolare, che su questi temi si è espresso positivamente in maggioranza assoluta.

La riflessione però dovrebbe portarci a riflettere su come noi vogliamo coniugare il concetto di bene comune. Perché, seppur vero che gli enti pubblici sono strumenti interessanti e la partecipazione è fondamentale, tutta la struttura rischia di implodere se non vi è una base culturale forte e propositiva, che non può che nascere dalle scuole e dalle università, dai “templi del sapere”, ma soprattutto in cui il movimento ha dimostrato come la critica al sapere si riferisce anche allo stato attuale delle cose.
Non da meno è impossibile pensare all'acqua come bene comune se non nasce da una prospettiva diversa dall'uso di una risorsa tanto importante, e quanto sia necessario contrastare l'utilizzo di acqua in bottiglia, simbolo della privatizzazione de facto delle risorse idriche a favore del commercio, ma soprattutto dell'imponente impatto ambientale che l'utilizzo di plastica PET comporta.

Tutte queste considerazioni ci portano a pensare che una soluzione concreta per arginare lo stra-potere delle multinazionali che speculano sull'acqua e per diminuire sensibilmente l'utilizzo di bottigliette di plastica (spesso non riciclate!) risulta essere l'installazione di un erogatore di acqua sfusa.
Ecco alcuni passaggi fondamentali per la realizzazione di tale progettualità:
1.      prendere i contatti con le varie associazioni ambientali presenti sul territorio, di modo da elaborare tutto la campagna e la proposta politica, contagiandosi a vicenda, individuando in seguito il partner industriale che più si accosta alla proposta;
2.      elaborare un progetto da presentare alla scuola o all'università ponendo l'accento, sempre grazie all'aiuto dell'organizzazione partner, sugli enti che hanno già aderito al progetto (per l'unico esempio attualmente realizzato presso l'Università di Torino l'ente in questione è stato, primo tra tutti, l'ente regionale per il diritto allo studio);
3.      portare il progetto agli uffici amministrativi e la divisione logistica dell'università, per iniziare la sperimentazione dello stesso in una sede specifica;
4.      riprendere il progetto, incalzando sulla sperimentazione già in atto, per esportarlo a tutte le sedi universitarie.

Ovviamente, l'estensione del progetto necessita di un'approvazione da parte degli organi centrali/decisionali, che risulterà positiva se si riesce a ribadire il pressoché impercettibile onere per i bilanci dell'università e delle scuole.
E' possibile lavorare sugli organi decentrati delle sedi, in particolare i consigli di gestione degli edifici, perché facciano richiesta di installazione dell'erogatore.

Tale operazione rischia di non portare a una copertura totale del progetto, per cui i tempi risulterebbero più lunghi del previsto, senza comunque avere una prospettiva unitaria.

Inoltre fondamentale è una campagna di informazione reticolare, per cui i costi non possono gravare sulle organizzazioni partner, per questioni anche politiche, e sull'azienda partner, il cui compito non è quella di dare una linea politica ed ecologica, ma di garantire gli strumenti tecnologici adeguati alla buona riuscita della campagna; la stessa va però concertata tra il nodo locale della Rete della conoscenza e l'organizzazione ecologista partner.

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